Luciano Berti, allora sovraintendente ai beni artistici e storici di Firenze, era stato chiamato a Cascia per ispezionare un affresco nella pieve di S. Pietro a Cascia. Fu una fortuita, e fortunata, deviazione che portò Berti nella vicina frazione di San Giovenale. Lì, una piccola chiesetta, avvenne la (ri)scoperta del celebre Trittico.
A seguito dell’attribuzione a Masaccio, il Trittico assunse grande rilevanza artistica. Tuttavia, agli Uffizi, non trovò una precisa collocazione e rimase inesposto nei magazzini. Nel 1988 però, a seguito della forte richiesta della comunità di Reggello, il Trittico tornò in terra natia.
Dopo un anno difficoltoso per tutte le Arti e la Cultura, Il museo Masaccio d’arte sacra riapre finalmente le sue porte a tutti/e i/le visitatori/visitatrici!
Il 23 aprile 2020 il Trittico compie 598 anni. Nell’occasione, Maria Italia Lanzarini regala interessanti riflessioni e suggestioni sulla prima opera del Masaccio. Un’opera in cui coesistono nuovo e antico; nella quale Masaccio eleva a divine le categorie della nostra realtà.
A raccontare quel 21 dicembre 1401 sono Riccardo Sati e Maria Italia Lanzarini. Quest’ultima ripercorre gli affettuosi e nostalgici ricordi di monna Jacopa, madre di Masaccio.
Le opere d’Arte veicolano emozioni, fanno riaffiorare ricordi che si credevano persi nelle spire del tempo passato. Questi contenuti sono alla base progetto “Dipingere a parole”, che ha l’obiettivo di creare formule innovative di storytelling attorno a importanti dipinti. Maria Italia Lanzarini ne dà un’appassionante esempio attraverso il Trittico di San Giovenale.